Via da Cortina

Il 28 ottobre una colonna di soldati italiani scendeva lungo la strada da Pocol e si mescolava alle truppe che scendevano dal Tre Croci e da Fiames. Il 29 veniva sgombrato l'ospedale 040 del Cristallo ed il commissario Gandolfi prescriveva lo sgombero di tutti gli uomini tra i 16 ed i 60 anni. Il 30 i maestri venivano invitati a lasciare il paese per essere portati a Tai e poi a Sottocastello.
Il 31 un ufficiale italiano caricò su un camion i tesori d'arte di Cortina.
Il 2 novembre ancora qualche reparto italiano scendeva dal Falzarego ed il 3 veniva fatta saltare la teleferica in Val Costeana ed il ponte sul Boite presso Zuel ed il sindaco Dimai partiva per Padova.
Già domenica 4 novembre un forte schianto aveva spaventato i cortinesi; gli italiani avevano fatto saltare il ponte Corona ed incendiato i magazzini di Socol; un aereo austriaco gettava sul paese bigliettini propagandistici che inneggiavano all'inarrestabile avanzata austro-tedesca. Verso le 16 del 5 novembre giunse in città la prima pattuglia del 162° Landstürm (ten. Sang) che veniva accolta con gioia dai locali. Ricorda a tal proposito don Pietro da Ronco che: "Il paese, già dimentico del generoso trattamento che aveva ricevuto dagli italiani, e sempre sedotto dal suo amore per l'Austria, li accoglie con dimostrazioni di viva simpatia."
Anche il clero cortinese aveva sempre simpatizzato per gli austriaci, tanto che le autorità militari italiane avevano provveduto ad internare a Novara il Pievano don Antonio Pallua ed incarcerato i due cappellani don Frena e don Corradini, accusati di spionaggio. Al posto di questi furono posti un sacerdote di Auronzo, uno di Valle ed uno di S. Vito.
Già il 10 novembre transitavano per Cortina i reparti del 97° IR austro-ungarico e si insediavano le nuove autorità (Capitano distrettuale, responsabile del Censo, giudice distrettuale). Il 14 iniziavano a transitare i primi prigionieri italiani che erano avviati verso Dobbiaco. La punta massima si raggiunse il 20 quando passarono quasi 7.000 prigionieri italiani, catturati nella zona di Ponte nelle Alpi o in Carnia.