Il Sasso Misterioso

di Karl Beringer

La nostra posizione sull'ala sinistra del Col dei Bòs (forcella) si estendeva lungo una cresta, appoggiandosi a sinistra alle falde del Castelletto e sulla destra a un gigantesco macigno scosceso denominato "Gespaltener Fels" (Sasso Misterioso). Essa aveva come rincalzo e punto d'appoggio una mitragliatrice appostata sullo zoccolo-basamento del Castelletto. L'intrico di roccioni sparsi sul davanti della posizione facilitava l'avvicinamento del nemico e serviva come protezione per defilare le posizioni italiane, mentre la nostra occupazione proteggeva il sentiero che saliva la retrostante gola del Castelletto. Questa posizione era presidiata da un plotone del Jägerregiment Nr. 3. Da qui la linea formava un saliente a angolo retto per circa trecento metri che terminava al cosiddetto "Dreieckiger Stein" (Sasso Triangolare), dove aveva inizio la linea presidiata dalla 1ª cmp. del Bayer. Jägerbataillon Nr. 1, alla quale si affiancavano sulla destra la 3ª e la 2ª compagnia della medesima unità.
Io mi trovavo col mio plotone nel tratto che si stendeva dal "Sasso Triangolare" in direzione sud-ovest. Quel giorno, verso le ore 5.30 del mattino, avevo appena controllato gli avamposti e mi disponevo a far ritorno nel mio ricovero, allorché udii ai piedi del Castelletto delle detonazioni provocate dallo scoppio di bombe a mano e delle grida di evviva. Con il cannocchiale vidi tre nostri soldati tornare indietro di corsa e contemporaneamente, dal lato del nemico, una schiera indistinta di uomini penetrare nella posizione: era evidente che gli Italiani erano riusciti a soverchiare il presidio. Lanciai tre razzi rossi per provocare il fuoco d'artiglieria e avvisai l'ufficiale che mi era più vicino dell'infiltrazione nemica. Afferrai il fucile e la cartucciera e di corsa, insieme al mio attendente, mi recai il più vicino possibile alla postazione occupata dagli Italiani. Il percorso, in quel dedalo di massi, richiese un quarto d'ora di strada all'incirca. Cammin facendo, presi con me altri due uomini del mio plotone (Apitz e Paulus) che conoscevo bene per il loro sangue freddo e la mira infallibile. Giunto alla mia ala sinistra, ossia al "Sasso Triangolare", vidi che il reparto in difficoltà si era ritirato poco distante dal caratteristico macigno che costituiva un evidente punto di riferimento. I soldati, al riparo di alcuni roccioni, sparavano alla cieca sulla loro perduta posizione. Con richiami e minacce, indussi quegli uomini a cessare il fuoco e mi sforzai di trascinarli avanti. Alcuni mi seguirono e insieme, balzando da una rupe all'altra, ci avvicinammo alla posizione occupata. Cominciava ad albeggiare e giunto a circa duecento metri dal luogo potei rendermi conto di come stessero le cose. Gli Italiani si erano insediati nel bel mezzo della posizione e cercavano di raggiungere il Sasso Misterioso per meglio ripararsi e resistere agli eventuali contrattacchi. Di lì fu fatto fuoco contro di noi, in modo non troppo preciso. Rispondemmo al tiro a breve distanza e liquidammo diversi Italiani, mentre una ventina d'altri si davano alla fuga. Probabilmente si erano diretti verso il Sasso Misterioso, dietro al quale si muovevano delle figure che, nella penombra, non era possibile distinguere se amiche o nemiche. Feci cessare il fuoco e gridai: "Chi siete?". Ne ebbi in risposta urla e fucilate, segno che gli Italiani s'erano impadroniti anche di quella posizione. Allora mandai l'appuntato Apitz verso la roccia, proteggendo i suoi movimenti col fuoco da parte mia e dell'attendente Krueger. Appena Apitz giunse a una ventina di metri dal nemico, sospesi il fuoco e gridai: "Lasciate i fucili, siete prigionieri"! Questa intimazione fu rafforzata dall'intervento di una mitragliatrice piazzata sulla cengia che costituiva lo zoccolo del Castelletto. Allora, un fucile venne gettato al di sopra delle rocce, seguito da molti altri. Gridai a Apitz: "Gli italiani si arrendono"! Questi strisciò dietro le rocce e ne trasse fuori alcuni prigionieri; dopo di che mandai lassù anche Krueger, con l'ordine di presidiare la postazione fino al cambio della guardia. Il reparto che si era disperso a causa dell'inopinato assalto notturno e che aveva subito la perdita di tre uomini e parecchi feriti, migliorata la situazione, ritornò un po' alla volta al suo posto di combattimento. Si era ormai fatto giorno: dalle loro linee, gli Italiani - conosciuto lo svolgimento dell'attacco - presero di mira con due mitragliatrici la posizione da noi riconquistata. In quel mentre, l'appuntato Krueger gridò dalla roccia sottostante che aveva ancora da fare con un ufficiale e 6 soldati italiani, e che Apitz era stato gravemente ferito. In tal modo il numero di prigionieri si accrebbe di un ufficiale e di 13 uomini, tutti del 7° reggimento alpini. L'ufficiale era in servizio permanente effettivo e si era già guadagnata una onorificenza nella guerra italo-turca. Questo condottiero dell'impresa, il sottotenente Carrera, tentò, nel corso di quel pomeriggio, di distruggere alcuni documenti, ma ne fu impedito dall'appuntato Kruger. Quelle carte rivelavano come l'azione facesse parte di un piano in grande stile per la conquista del Castelletto.
Allorché, il 28 settembre, gl'Italiani rinnovarono l'attacco, noi, in base all'esperienza del giorno 24 e a quanto avevamo appreso dalle disposizioni intercettate nonché dalle dichiarazioni dei prigionieri, eravamo già ricorsi alle più ampie contromisure. Le truppe erano state notevolmente rinforzate e la posizione più diligentemente fortificata.