Nazione Viganò Lodovico (detto Vico)

Grado Sottotenente

Mostrina  7° Alpini, 78ª cp. battaglione Belluno

Ritratto

Nato il 3 ottobre 1895 a Cernusco sul Naviglio (MI)

Morto sul Lagazuoi (Cengia Martini) il 18 maggio 1916

Note biografiche

Figlio di Paolo (ragioniere di trentuno anni) e di Adele Oggioni ("agiata").
Muore alle 14:23, colpito alla fronte mentre osserva le postazioni austriache. Verrà proposto per la Medaglia d'Argento al Valor Militare.
L'atto di morte è controfirmato dal capitano Baccon.

In una lettera alla famiglia scrive:

"Vi racconterò ora per minuto la mia escursione non completamente di piacere ma a me piaciuta assai nella Tofana I. Vorrei raccontarvela con una ventina di fotografie che sarebbero riuscite di altissimo interesse nella accidentata posizione in cui ci trovammo ma dovetti partire in mezz'ora ed avevo lasciato al fotografo macchina e pellicole e non feci a tempo ad andarla a prendere. Partii con otto muli e quaranta uomini da Col alle 7 e mezza di sera sotto una nevicata gelata, e sulla strada del Falzarego. Io ero sul mulo e viaggiavo colla mia lanterna che ho preso ultimamente e che è assai comoda. Subito appena cominciato il viaggio fummo presi da alcuni franamenti di neve che per fortuna non colpirono nessuno ma coprirono la strada. Erano non considerevoli sicché in 7 od 8 minuti il passaggio si apriva. Una cadde vicino al mio mulo ma per fortuna lontana abbastanza. Giungemmo per una mulattiera ancora buona a Vervei a mezzanotte. Avevo ordine di proseguire fino a qua nella notte, ma i miei uomini erano in tale stato che mi decisi a dormire costì telefonando al comando che mi lasciò libero. Figuratevi che quasi tutti i miei uomini erano appena giunti dal Lagazuoi collo zaino a Col quasi a Cortina e senza mangiare ripartirono tosto per cima Tofana. Erano quindi sfiniti. La neve e il freddo poi li gelavano. Io sempre fermo sul mulo dovetti scendere pel freddo. Per togliermi la mantella ruppi un colletto di ghiaccio e la mantella era un pezzo duro che restava in piedi. Il Genio ci diede rum e ricovaro come potè. I soldati in terra con coperte. Io in una baracca discreta col sacco a pelo.
Poi partimmo di buon mattino e ci aprimmo coi badili e le racchette una pista fino a qua ove arrivammo amezzogiorno in quasi cinque ore. Cadde una grossa valanga ma assai lontano. Qui trovai un Capitano degli Alpini inviato dal Generale e un Tenente di Artiglieria da Montagna con 50 uomini, viveri e un altro Tenente Alpino. Partimmo verso sera con 50 uomini lasciando gli altri poi chè troppi sono null'altro che un pericolo. Alle 7 di sera giungemmo senza gravi difficoltà a Vallona Fontana Negra [Vallon Tofana, dove sorge oggi il Rif. Dibona] ove pernottammo. Fin qui era la parte facile. Dormii in un sacco a pelo per terra completamente in una baracca diroccata. Vicino fanteria nostra e Austriaci fucilavano ma noi eravamo sicurissimi dietro rocce enormi. Tante volte mi venne necessaria ed ora più che mai un'amaca. Il sacco a pelo era buono per fortuna ma sul terreno nudo e bagnato non mi trovavo nel luogo ideale. Feci nonostante un sonno solo dalle 10 alle 5 e non sentii neanche le fucilate che mi dissero molto aumentate nella notte. Partimmo di mattina in 40 circa e 5 ufficiali. La strada era pericolosissima, diventava sovente un semplice ballatoio a metà parete. Riuscimmo a sollevare dalla neve le corde fisse che vi si trovavano in quantità, non tutte ma molte e riuscimmo in due ore e mezza a S. Marietta [Punta Marietta] il Capitano, Tenente ed io con una 20 di uomini. Gli altri dopo [che] la strada fu aperta giunsero circa due ore dopo col materiale. Parte di esso fu dovuto abbandonare mai più arrivò. Qualcosa precipitò ma poco. Fu una cosa davvero emozionante portare tanti uommini e roba senza nessuna vittima lassù. Prima di partire non si sapeva se valesse la pena rischiare di sacrificare probabilmente più uomini di quanti si andava a liberare. E la considerazione aveva causato incertezza nella decisione dell'impresa e il Capitano stesso venuto con noi vi si era opposto. Servirono assai bene i ramponi. Mi precipitò giù la pistola che a prezzo di enorme fatica ritrovai. L'orologio ruppe il vetro e le sfere e smarii un paio di occhiali che rotolarono in fondo. Avevo i muscoli indolenziti per la trazione delle corde e perchè la neve affaticava enormemente. Mangiai in quel piccolo tratto due tavolette di cioccolata di quelle che portai dal Teobroma e fu una fortuna l'averle tenute in tasca perchè mi prese ad un certo punto fame e languore e divorai in un baleno le due tavolette che mi ridonarono pienamente le forze. Ci fermammo due ore al rifugio Marietta [?]. Facemmo le bistecche io feci un buon the per tutti e poi io il Capitano e il Tenente partimmo per cima Tofana con 15 uomini. Io andai avanti con 5 uomini racchette e piccozze. Facemmo con una tormenta per fortuna leggerissima tutta la strada fino alla cima. Trovammo sotto la neve quasi tutte le corde e le riportammo a galla. Facemmo un 20 minuti di cresta sotto il tiro austriaco grazie alla densa nebbia. Ad un certo momento un sereno magnifico si aprì. Facemmo tutti istintivamente un tuffo nella neve e vi restammo sommersi sino al ritorno della nebbia. Giunsi su festeggiatissimo da quei di lassù. Dieci minuti dopo giunse il Capitano e il Tenente. Restai una diecina di minuti in vetta con la sentinella che sta proprio nel vertice. Poi giunta notizia per telefono che il carico era bloccato per una valanga il Capitano mi mandò giù incontro con 10 uomini. A notte giunsi con i miei uomini qua a Vallone Tofana con difficoltà maggiori che per la salita. Mi fermai qui. Il giorno dopo tornarono tutti. Qua trovo ordine di rimanere. Oggi mezz'ora fa mi giunsero 30 uomini freschi ed ho l'ordine di vettovagliare la punta Tofana. Però non vi salirò più se non per piacimento mio perché ora saliranno i soldati a portare viveri e se non nevica ancora o valanga la strada è aperta. Sono Comandante di Distaccamento e sto benone."