Il tentativo degli Alpini
16 dicembre 1915
												Nonostante i non brillantissimi risultati, il t.col. 
												Garibaldi venne promosso al grado 
												superiore per meriti di guerra. E' interessante far notare che il neopromosso era fidanzato con la 
												figlia del gen. 
												Di Robilant (comandante della 
												4ª Armata) che si trovava al fronte in veste di crocerossina. Il 25 novembre il col. Garibaldi è a 
												Roma per presentare una proposta di invio di un corpo di volontari garibaldini (al suo comando) in 
												Dalmazia. La proposta venne rifiutata ed il Garibaldi dovette tornare sul Col di Lana per 
												riprendere il comando della Regione Lana; sotto sua richiesta tutti i reparti operanti sul Col di 
												Lana vennero posti sotto il suo comando (a partire dall'1 dicembre). Ottenne anche il 
												trasferimento dalla zona delle Tofane del battaglione 
												Belluno agli ordini del t.col. 
												Tarditi. Contemporaneamente incaricava 
												il fratello Menotti di radunare dei 
												volontari garibaldini dal 51° fanteria Alpi con i quali 
												costituire un plotone d'assalto agli ordini del soldato Notarbartolo.
												L'8 dicembre il Comando d'Armata emana l'ordine d'operazioni per la ripresa offensiva: 
												sulla cima vennero inviati materiali di rafforzamento, ma non i reticolati, perchè il col. 
												Garibaldi disse che "non ho mai pensato alla costruzione di reticolati davanti alla mia prima 
												linea per ottenere maggior vigilanza e per mantenere in ufficiali e soldati l'idea che devono 
												andare avanti e non fermarsi. La costruzione di reticolati sulla Cima Lana ostacolerebbe seriamente 
												la nostra libertà di movimento." 
												In questo stesso periodo gli austriaci portavano da 4 ad 8 metri la profondità del loro sbarramento 
												di reticolati e sistemavano a difesa la q.2387 nel caso di abbandono della vetta. La posizione venne 
												denominata Grat-Stützpunkt e presidiata da 10 fucilieri ed una mitragliatrice. Fino al 5 
												dicembre rimase lassù il V/III Landesschützen che venne sostituito dal II (magg. Busch) che 
												si dispose nel modo seguente:
												 la 5ª (ten. Troska) occupava il Ferdole;
												 la 4ª (ten. Morz) e la 6ª (ten. Voitl) si davano il cambio ogni 48 ore tra la cima e Valiate;
												 la sezione mitragliatrici (ten. Sersavj) con tre armi stava sulla vetta.
												Le direttive del col. Garibaldi fissavano l'attacco per il 12 dicembre, con le seguenti 
												direttive:
												"Giacchè è stato constatato che il cambio del nemico avviene dalle ore 19 alle ore 21, sarebbe 
												conveniente che nel pomeriggio un fuoco di interdizione fosse mantenuto sul camminamento 2100, 
												lungo le pendici del Sief e sulle posizioni retrostanti alla Cima Lana.
												Coperte da questo fuoco e dall'invadente oscurità, le truppe del Montucolo avanzerebbero tanto da 
												colpire con il loro fuoco i camminamenti antistanti, pronunziando un attacco in quella direzione e 
												assicurando la completa interruzione delle comunicazioni tra le posizioni nemiche del Lana e le 
												posizioni retrostanti.
												Accentuandosi l'attacco lungo il camminamento si attaccherà immediatamente anche da Cima Lana: ciò 
												allo scopo di avere contro un memico più demoralizzato. 
												Qualora però non fosse possibile garantire l'interruzione delle comunicazioni sopra dette sarebbe 
												conveniente la più assoluta inazione da parte nostra, durante tutta la notte, salvo a pronunziare 
												l'attacco di sorpresa qualche ora avanti ai primi albori del giorno."
												Nonostante tutti gli accorgimenti presi l'azione non potè essere tenuta nascosta agli austriaci. 
												L'arrivo degli alpini non contribuì a migliorare la situazione, soprattutto a causa della rivalità 
												tra il Garibaldi ed il Tarditi. In quel periodo giunse al Belluno un nuovo sottotenente, 
												Alberto Polin, il quale ricorda così 
												l'arrivo degli alpini sul Col di Lana:
												"Quell'accoglienza festosa e un po' retorica non garbò troppo agli alpini e tanto meno il 
												discorso che venne loro propinato in tale occasione. Il colonnello Garibaldi, dopo un panegirico 
												sul valore sempre dimostrato dagli alpini, concluse il suo discorso con queste testuali parole: 
												'Per questo ho espressamente voluto che l'onore di conquistare il Col di Lana fosse riservato a 
												voi, eroici alpini del Belluno'. La frase, abbastanza ipocrita, fece l'effetto contrario, anche 
												perchè tutti sapevano che, in poco più di cinque mesi si erano inutilmente avvicendati contro 
												quella montagna, ben quattro reggimenti di fanteria."
												
												Il piano d'attacco era così concepito: sulla sinistra di Cima Lana vi era il 2° plotone della 77ª 
												(ten. Ravello) ed un nucleo di volontari del III/52° (cap. Aresca). Secondo Schemfil vi erano anche 
												6 compagnie del 60° Calabria. Il nucleo 
												d'avanguardia era al comando del ten. Ceccato, che invece Schemfil colloca al centro assieme a 
												tutta la 77ª col cap. Cajani. Il 3° plotone (ten. 
												Pieri) ed il 4° (ten. 
												Trevisan) si tenevano di rincalzo. Sulla destra 
												un altro gruppo di volontari ed un plotone della 79ª (ten. Roccalbuto). Il primo nucleo d'assalto doveva 
												essere seguito dal resto della compagnia, divisa in tre gruppi (ten. Gorret e Chiaradia). L'attacco 
												frontale era demandato a tre compagnie del 52° Alpi. Sul Costone di Salesei la 78ª (cap. Ferrari) doveva 
												attaccare la Rothschanze con l'obiettivo di tagliare il collegamento della Bergsappe ed impedire così 
												l'arrivo dei rinforzi. Infine tre compagnie del 51° ed un plotone della 266ª del 
												Val Cordevole stavano sul Costone Castello per poi 
												puntare al Villaggio Austriaco sulla cima del Col di Lana.
												L'attacco fu più volte rimandato perchè le truppe non erano pronte; venne dapprima fissato per il 
												12 dicembre, poi si stabilì per il 15, di notte e di sorpresa. Ricorda il ten. 
												Pieri (comandante di plotone della 77ª):
												"Non c'era grande entusiasmo per questa azione neppure tra gli ufficiali. Ci sarebbe voluto un 
												comandante energico, in grado di incoraggiare gli uomini, invece il nipote dell'eroe dei 'due Mondi' non 
												era certamente all'altezza del suo eroico avo, e per di più non aveva mai avuto un comando diretto di 
												truppa. La fiducia dei soldati in questo Peppino Garibaldi era minima; gli alpini che non lo videro mai nè 
												verso il Ferdole, nè davanti alla Rothschanze, nè verso la Cima Lana, nutrivano verso di lui una spiccata 
												antipatia. [...]
												Il colonnello Tarditi, che comandava i battaglioni alpini Val Chisone e Belluno ed aveva in progetto di 
												conquistare il Castelletto di Tofana con una mina, fece analoga proposta per far saltare in aria il Col di 
												Lana, ma questa non venne presa in considerazione. Il colonnello Garibaldi era geloso di Tarditi e non 
												avrebbe mai acconsentito ad altri l'onore di conquistare la Cima Lana, e per questo lo tenne fuori da ogni 
												ingerenza di comando in questo settore."
												Nonostante la direttiva relativa al massimo silenzio, i garibaldini si lanciarono all'attacco in divisa 
												rossa, con gli elmi Farina e gridando "Evviva Garibaldi!", tanto che gli austriaci li individuarono subito 
												e ne stroncarono l'impeto con due mitragliatrici. Al magg. Grandolfi che per telefono informò che in 
												questa fase iniziale vi erano già 30 morti venne riposto che "Sono pochi per interrompere l'azione, 
												esca - in ogni caso - anche il battaglione Belluno". Ma nemmeno gli alpini riuscirono ad avanzare 
												(cadde il ten. Gorret) ed il plotone Ceccato venne colpito da fuoco incrociato e solo una squadra di 
												cinque alpini riuscì a raggiungere la trincea austriaca ma venne sopraffatta. L'azione venne 
												definitivamente sospesa verso l'alba, con un bilancio di 60 morti e 180 feriti.
												Una settimana dopo veniva esonerato il gen. Carpi ed al comando della 18ª Divisione giungeva il gen. 
												Annichini. Poco dopo vennero allontanati anche i gen. Porta (comandante della brigata Alpi) e De 
												Bernardis (comandante della Calabria). Il 22 dicembre gli alpini rientrarono in Val Costeana; sul posto 
												rimase solo la 77ª per completare i lavori di rafforzamento per un altro mese.
											
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