Il faro ed il cannone sulla Grande di Lavaredo

Luglio 1915

Il 29 giugno il gen. Fabbri chiede al ten. medico Antonio Berti (noto alpinista e gran conoscitore della zona) di indicare al Genio il punto migliore per collocare un grane faro: due giorni dopo si decide per l'installazione di un faro da 90 cm sulla Cima Grande di Lavaredo. Il faro venne smontato in vari pezzi (comunque del peso di parecchi quintali) che vennero trasportati dagli alpini del Val Piave (267ª compagnia) e del Pieve di Cadore (75ª compagnia con i ten. De Zolt, s.ten. Robecchi e Schirato), oltre che da soldati del Genio.
Il trasporto richiese tre settimane di lavoro, ed alla fine il faro fu messo in posizione a q.2.999. La cima dovette essere abbassata di qualche metro di cresta per consentire alla fotoelettrica un migliore campo d'azione. Contemporaneamente viene anche issato un pezzo da montagna della 22ª (58ª secondo il Berti) batteria (VIII gruppo Belluno) a circa 2/3 della cima (q.2.850) sullo spigolo sud-est; guida per tutta l'operazione il caporal maggiore De Carlo. Il pezzo verrà utilizzato con alzo negativo, per sparare sulle sottostanti postazioni austriache. Ricorda il Berti: "Postati il faro ed il cannone, lassù, a quegli atleti, che si sono fatti abituale dimora in quei nidi d'aquile, per portare così in alto il segno luminoso e la voce di forza della Patria vigilante, appare Don Piero Zangrando. Indossa la Pianeta e celebra la Messa. Poi benedice quegli uomini inginocchiati, e spaziando con lo sguardo da quel culmine eccelso fino all'orizzonte lontano, benedice con loro tutti i combattenti ed i morti per la Santa Causa d'Italia."

Cima Grande di Lavaredo Dettaglio della Cima Grande (foto webmaster)

Questa invece la testimonianza di Augusto Carducci: "Tra luglio e agosto 1915 ebbi l'onore di far parte del Gruppo Lavaredo con la mia 2ª sezione fotoelettrica di stanza a Calalzo di Cadore, che aveva formato per installare sulla Cima Grande, una nostra stazione fotoelettrica da 90 cm per contribuire all'azione di guerra per l'occupazione del Sextenstein che ci fronteggiava. Detta cima non ha più la quota 3003 dato che, per poter dare libero campo al nostro fascio di luce, fu necessario far saltare un pezzo della cresta. Quindi qualche metro in meno. Col valido aiuto di una compagnia di alpini e a forza di braccia e corde, fu trasportato a quota 2800 un gruppo completo motore dinamo e il proiettore del peso di circa 6 quintali a pezzi sulla cima dove fu rimontato e messo in funzione. Ho avuto l'onore di farlo funzionare per i tre giorni che durò l'azione per la presa della posizione austriaca. Il nemico disorientato da quel fascio di luce che scaturiva dal cielo, solo il secondo e terzo giorno ci prese a cannonate con un pezzo da 105 da sotto un costone, ma non potendo individuarci sparò 18 colpi troppo corti ed 11 troppo lunghi."

Ancora il Berti: "Chi scrive queste pagine ha assistito da Forcella del Camoscio e dagli speroni del Paterno a tutte la fasi di quei quattro ininterrotti giorni di avanzata, spaziando con lo sguardo - dall'alto di quella specola centrale protesa come prora di una nave - sul terrazzo della Lange Alpe e della Böden Alpe, da Forcella Col di Mezzo a Forcella Pian di Cengia, e - al di là del terrazzo e dell'alpe - su tutta la fronte nemica, dalle grigie torri del Rautkofel al massiccio dell'Innichriedel, e via fino al bastione della Cima Undici e della Croda Rossa di Sesto ... ed ha veduto di lassù, come in fantasmagoria di sogno, il raggio accendersi sulla vetta della Cima Grande, e instancabilmente dardeggiare e frugare e spegnersi per subito riaccendersi ... simile al 'raggio ardente' creato dalla fantasia di Wells."

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