L'ultima pattuglia di Sepp Innerkofler

di Oswald Ebner

Sono in cinque ad avere ricevuto l'ordine di occupare la cima del Paterno. Fra loro, oltre a Sepp Innerkofler, le famose guide di Sesto Schanni Forcher e Andreas Piller, ormai più che cinquantenni. Armati di fucile e bombe a mano, abbandonano il ricovero situato sul rovescio della Torre di Toblin. Li seguono da 30 a 40 uomini, fra Landesschützen, Standschützen e zappatori, guidati dal fratello di Sepp, Christl Innerkofler. Il figlio di Innerkofler non può accompagnarli. Al momento del saluto stringe le braccia al collo del padre e lo segue poi a lungo con lo sguardo, finché la sua ben nota figura non scompare nel buio della notte. Subito dopo Gottfried torna indietro e sale sul Sasso di Sesto per attendere l'alba che gli consentirà di vedere ancora.
Illuminate da una pallida luce lunare, le Tre Cime di Lavaredo si elevano spettrali nell'oscuro cielo stellato. La pattuglia è arrivata ai piedi della gola ghiaiosa che scende dalla Forcella del Camoscio. Gli uomini salgono lenti e con cautela, evitando di smuovere sassi. Christl fa fermare i suoi soldati al termine del pendio per attendere l'esito dell'azione. I cinque calzano le pedule da roccia e affrontano la parete del Paterno. Nonostante l'oscurità, salgono sicuri perché conoscono esattamente il percorso. È la via della cresta nord nord-ovest, che Sepp ha aperto nel 1896 e da lui ripetuta innumerevoli volte. Arrampicano da circa un'ora e sono quasi arrivati in cresta.
Su Cima Undici le stelle impallidiscono e la tenue luce dell'alba annuncia il nuovo giorno. Adesso hanno raggiunto la cresta, mentre al di là della valle i primi raggi di sole indorano le rocce del Cristallo. Il silenzio viene improvvisamente interrotto da un sibilo lacerante: è il cannone austriaco di Monte Rudo che inizia l'aggiustamento. Il quarto colpo centra l'obiettivo. E la pace sembra regnare di nuovo fra quei monti. Uno dopo l'altro, i cinque continuano ad arrampicarsi lungo la cresta e le loro figure risaltano sullo sfondo chiaro del ciclo. Ma gli alpini del maggiore Buffa di Perrero li scorgono da Forcella Pian di Cengia. Allarme! In un attimo si destano le artiglierie e le mitragliatrici delle Tre Cime di Lavaredo; reagiscono immediatamente le mitragliatrici austriache. Il loro crepitio è soverchiato dal rombo dei cannoni di Monte Rudo, del mortaio schierato dietro il Sasso di Sesto, di un pezzo da campagna, di un obice.
Ma i cinque sono già passati sulla parete Ovest e salgono, metro dopo metro, riparandosi nelle nicchie e dietro le sporgenze della roccia. Una scheggia si frantuma proprio davanti a Sepp; un po' di sangue gli cola lungo il viso ma continua ad arrampicare. Una pietra ferisce Forcher, anch'egli sanguina ma continua a salire. Stanno già per raggiungere la cima. Tutt'intorno di nuovo il silenzio. Non si odono più colpi.
Dal Sasso di Sesto Gottfried segue con il binocolo ogni movimento del padre. Lo vede proprio sotto la cima, a circa 15 passi dal muretto a secco che protegge la vedetta italiana. Con calma Sepp porta la mano alla cintura per prendere una bomba a mano, sfila la sicurezza e la lancia con tutta la sua forza contro il riparo. Ancora una ... e poi la terza che scoppia al centro del piccolo muro di sassi. Ma che succede? Sepp solleva improvvisamente le braccia al cielo, cade riverso, rotola lungo le placche della cima per poi giacere immobile all'uscita del camino Oppel: morto. L'azione è fallita.
Dalle postazioni austriache si vede ancora per molti giorni quel corpo inanimato prigioniero fra le rocce, ma poi, un mattino, più nulla. Durante la notte gli italiani hanno ricuperato il cadavere. Un soldato della Sanità, lo studente di medicina Angelo Loschi, è sceso con un alpino lungo la parete per poter tumulare la salma. Sulla cima del Paterno Sepp Innerkofler trova la sua estrema dimora. Una grossa pietra copre la tomba da cui sporge una modesta croce di legno. La semplice epigrafe annuncia che egli ha perso la vita su quella montagna per difendere la sua terra:
SEPP INNERKOFLER GUIDA ALPINA