Nazione Belfi Giovanni Maria Natale

Grado Sergente (matr. 253)

Mostrina  7° Alpini, 75ª compagnia battaglione Pieve di Cadore

Ritratto

Nato il 25 dicembre 1893 a Vodo di Cadore (BL)

Decorazioni

Decorazione Croce al Valor Militare

Essendo il proprio reparto vivamente attaccato da forze avversarie, con coraggio e in terreno scoperto, controbatteva con la propria mitragliatrice il fuoco del nemico, obbligandolo a ritirarsi.
Val Travenanzes, 20 luglio 1916

Note biografiche (Archivio Franco Licini)

Figlio di Giovanbattista Belfi e di Agata Sammicheli, Giovanni nasce a Vodo di Cadore il giorno di Natale del 1893. Dopo aver frequentato le scuole elementari va a bottega ad imparare il mestiere di falegname e compiuti i diciannove anni è chiamato alle armi. Il 20 maggio del 1913 raggiunge la caserma di Pieve dove, con un certo orgoglio, si mette in testa il cappello alpino con la nappina rossa. Con lui ci sono alcuni compaesani della stessa leva coi quali il giorno prima ha condiviso in osteria una bevuta fra coscritti con lo spirito di goliardia e l’entusiasmo che ha da sempre contraddistinto la naja degli alpini.
Dopo sette mesi di addestramento alle armi, di marce ed esercitazioni, il 19 dicembre Giovanni ottiene la promozione a caporale. Assolti gli obblighi di leva torna al mestiere di falegname e non immagina che da lì a poco dovrà nuovamente indossare la divisa. In bottega la gente va e viene, si ferma a scambiare quattro chiacchiere, commenta gli avvenimenti più o meno importanti e da un po’ di tempo l’argomento più discusso è la possibilità che fra Italia ed Austria scoppi la guerra. La sua è terra di confine e quella sensazione si respira nell’aria e si può quasi toccare con mano. Passano pattuglie di osservatori carichi di strani strumenti che percorrono il territorio, fotografano le montagne, segnano sulle carte topografiche strade e sentieri, rilevano le posizioni ed i tracciati delle difese che gli austriaci hanno già eretto al di là del confine. Inoltre, si stanno organizzano gruppi di volontari e si incontrano sempre più spesso ufficiali in divisa che parlano alla gente del Risorgimento italiano e dell’eroe Pier Fortunato Calvi, nel cui nome chiamano i giovani delle valli cadorine ad arruolarsi. Giovanni non si presenta come volontario, ha troppe cose da fare a casa ed in bottega, ma qualche giorno prima della dichiarazione di guerra gli arriva la chiamata alle armi e come tanti altri, il 23 maggio del 1915 deve tornare in caserma. Viene assegnato alla 75ª compagnia ed all’inizio di ottobre è già all’Ospizio Tre Croci da dove parte, di frequente, per accompagnare in perlustrazione qualche ufficiale. Sul Monte Cristallo viene ferito e dopo un mese di ospedale ad Auronzo, il 29 dicembre del 1915 lo rimandano a casa per una convalescenza di appena 15 giorni. Rientra poi al centro di mobilitazione di Tai da dove riparte il giorno stesso per raggiungere la sua compagnia a Forcella Longerin. Partecipa allora ai combattimenti in zona Lavaredo e poi ai Cadini di Misurina. Poi a Vervei lo addestrano a brandeggiare una mitragliatrice ed il 25 luglio del 1916 lo fanno caporalmaggiore con l’incarico di capo arma. Alla fine del mese, al Vallone di Travenanzes ha modo di dimostrare le sue capacità meritando un encomio solenne poi vonvertito in Croce al Valor Militare.
Il 29 dicembre del 1916 Giovanni passa al neo costituito battaglione Antelao ed un mese più tardi viene promosso al grado di sergente. Con la sua mitragliatrice segue le gesta del battaglione in Val Travenanzes, al Col dei Bois, a Cima Falzarego e poi sul fronte dell’Isonzo - alla Bainsizza - e quindi nella tragica ritirata di Caporetto fino al Monte Grappa, la linea di resistenza ad oltranza. Il 25 ottobre del 1918 sul Monte Solarolo, in un’azione che prelude alla ritirata del nemico, merita una Croce di Guerra poiché: “Comandante di una sezione mitragliatrici, durante aspri combattimenti, dava bella prova di coraggio e di fermezza”. Lo stesso giorno viene ferito gravemente e trasportato nelle retrovie da dove, dopo le prime cure, lo inviano all’ospedale di riserva di Livorno.
A guerra ormai finita il sergente Belfi può in fine tornare a casa, giusto in tempo per festeggiare in famiglia, oltre che la fine della guerra, il Natale del suo venticinquesimo compleanno.