Nazione Bottai Giuseppe

Grado Sottotenente

Mostrina  59° Brigata Calabria

Ritratto

Nato il 3 settembre 1895 a Roma

Morto il 9 gennaio 1959 a Roma

Note biografiche (Wikipedia/Archivio Claudio Provana)

Giuseppe Bottai nacque a Roma nel 1895. Il padre, Luigi Bottai, toscano di Monsummano, ateo e repubblicano, era commerciante in vini; la madre, Elena Cortesia, di origini liguri. Conseguita la maturità al Liceo Tasso, si iscrisse alla Facoltà di Giurisprudenza della Sapienza - Università di Roma, interrompendo gli studi in seguito allo scoppio della prima guerra mondiale e all'arruolamento volontario, come soldato semplice prima e poi come ufficiale nel 59°. Passò poi agli arditi presso il XXVII Reparto d'Assalto. In seguito al ferimento fu decorato con Medaglia di Bronzo al Valor Militare.

Bottai sul Col di Lana Giuseppe Bottai sul Col di Lana (Fonte: Lombardia Beni Culturali)

Nel 1919, al termine del primo conflitto mondiale, Bottai, già attivo nel movimento futurista, incontrò Benito Mussolini e collaborò alla fondazione dei Fasci italiani di combattimento di Roma. Nel 1921, dopo la laurea in Giurisprudenza, divenne direttore della redazione romana de Il Popolo d'Italia.
Nel 1921 fu eletto, nelle file del Partito Nazionale Fascista, alla Camera dei deputati, da cui decadde nel 1922 a causa della troppo giovane età. Il 28 ottobre di quello stesso anno partecipò alla marcia su Roma.
Nel 1935, quando ricopriva la carica di governatore di Roma, Bottai partì volontario in Africa orientale con la divisione Sila, con il grado di maggiore di fanteria. Entrato in Addis Abeba il 5 maggio 1936, con la colonna del Maresciallo Badoglio, ne fu nominato in quello stesso giorno governatore.

Nel 1938 fu tra i firmatari del Manifesto della razza, prodromo alla promulgazione delle leggi razziali dello stesso anno, nella quale Bottai si dimostrò animato "da un accanimento persecutorio maggiore di quello del duce". Nel Diario di Ciano del 6 ottobre 1938 si legge: «Gran Consiglio. Problema degli ebrei. Parlano in favore Balbo, De Bono e Federzoni. Gli altri, contro. Soprattutto Bottai che mi sorprende per la sua intransigenza. Si oppone a qualsiasi attenuazione dei provvedimenti.» Come ministro dell'educazione nazionale, infatti, Bottai sancì, nell'autunno del 1938, la puntuale applicazione nella scuola italiana delle leggi razziali, con la conseguente espulsione degli studenti e dei professori ebrei.

Insieme ad altri 19 gerarchi, Bottai aderì all'Ordine del giorno Grandi, una mozione che metteva in minoranza Benito Mussolini (25 luglio 1943). A causa dell'adesione a tale mozione, egli fu condannato a morte in contumacia al processo di Verona, nel 1944, da un Tribunale della neo-costituita Repubblica Sociale Italiana, assieme a Galeazzo Ciano, Dino Grandi (contumace), Emilio De Bono e altri. Dopo la destituzione di Mussolini visse per alcuni mesi nascosto in un convento di Roma.
Nel giugno 1944 fuggi in aereo da Roma occupata dagli Alleati con la complicità dei servizi segreti francesi del capitano Serge Parisot e riparò in Algeria ove si arruolò, con il consenso delle autorità politiche francesi, sotto il nome di Andrea Battaglia, nella Legione straniera francese a Sidi Bel Abbes.

Nel 1947 venne amnistiato per le imputazioni post-belliche connesse alla partecipazione avuta nella costituzione del regime fascista e che gli erano costate una condanna all'ergastolo, mentre la condanna a morte di Verona era divenuta ovviamente nulla con la dissoluzione della Repubblica Sociale Italiana.
Tornato in Italia, dal 1951 per un certo periodo diresse dietro le quinte Il Popolo di Roma, quotidiano finanziato da Vittorio Cini per fiancheggiare il centrismo DC. Nel 1953 fondò la rivista quindicinale di critica politica ABC, di cui sarà direttore fino alla morte.
Morì a Roma il 9 gennaio 1959 a 63 anni. Ai suoi affollati funerali a Roma era presente, tra le numerose autorità, il ministro della Pubblica Istruzione allora in carica, Aldo Moro, amico di famiglia poiché suo padre, Renato, era stato tra i collaboratori di Bottai al ministero.

ritratto Giuseppe Bottai Durante la Grande Guerra