Nazione Da Prà Scola Apollonio

Grado Soldato

Mostrina  7° Alpini, 96ª compagnia battaglione Pieve di Cadore

Ritratto

Nato l'1 settembre 1893 a Lozzo di Cadore (BL)

Morto di vecchiaia il 5 agosto 1954 a Lozzo di Cadore (BL)

Decorazioni

Decorazione Croce di Guerra

In servizio di piccola guardia presso i reticolati nemici, fatto segno al fuoco d'artiglieria, che produceva sensibili perdite, rimaneva al suo posto, dimostrando elevato sentimento militare e sprezzo del pericolo.
Monte Piana, 20 luglio 1915

Note biografiche (Archivio Franco Licini)

Apollonio Da Pra nasce a Lozzo di Cadore l'1 settembre 1893 da Giovanni e Arcangela Del Favero. Come altri giovani della sua terra, anch'egli è costretto ad emigrare e nel 1913 viene esentato dal prestare il servizio militare di leva trovandosi a quel tempo in Svizzera, a Basilea, dove sta lavorando come muratore. Rientrato in Patria, il 15 dicembre del 1914 viene arruolato nel 7° reggimento Alpini e assegnato, come zappatore, al battaglione Pieve di Cadore. Al termine del servizio di leva viene trattenuto alle armi per mobilitazione ed il 23 maggio dell'anno successivo, alla vigilia della dichiarazione di guerra, è con la neo costituita 96ª compagnia della milizia mobile dislocata sul Monte Piana. Su quel vasto altopiano dolomitico, tra il 15 e il 20 luglio del 1915, la 96ª del Pieve di Cadore e la Brigata Marche, al comando del capitano Carlo Rossi, danno inizio al primo grande attacco. Gli alpini hanno il compito di infilarsi nel Vallon dei Castrati per impedire al nemico di disturbare la contemporanea avanzata dei fanti. Un plotone di alpini, guidato dal sottotenente Pavoni, si arrampica verso la piramide Carducci, mentre il resto della compagnia è impegnato nel rafforzare le posizioni raggiunte disturbando nel contempo gli austriaci con l'azione di pattuglie avanzate. Nelle ore notturne il nemico contrattacca ma invano. Alle 3 di mattina del giorno 20, gli esploratori alpini fanno brillare tubi di gelatina e aprono uno squarcio tra i reticolati. Fanti e alpini riescono a penetrare tra le linee austriache piazzando un pezzo d'artiglieria. Si sta delineando un vasto successo, ma l'azione dell'artiglieria nemica costringe gli attaccanti ad arretrare. Un centinaio di metri dietro lo sbarramento dei reticolati gli alpini tengono duro, ma alle 6 e mezza, soffocati dai gas asfissianti, devono ripiegare ulteriormente. Quel giorno la 96ª del Pieve di Cadore perde molti ufficiali e lo stesso capitano Rossi viene ferito gravemente. Ciò nonostante, pur ridotta di due terzi, la compagnia ridiscende ordinatamente a valle. Quel giorno l'alpino Apollonio Da Pra merita la croce di guerra[1]. Il 30 dicembre del 1915 la 96ª compagnia passa alle dipendenze del neo costituito battaglione Monte Antelao ed il capitano Rossi la conduce da Forcella Longeres ad Auronzo. Lì anche l'alpino Da Pra contribuisce all'addestramento delle reclute. Dopo tre mesi di intense istruzioni, il battaglione si trasferisce in Val Costeana alle dipendenze del V Gruppo Alpino. Al loro arrivo gli uomini vengono impiegati in lavori di rafforzamento delle posizioni tra Pocol e il Passo Falzarego, quindi si danno alla preparazione dell'attacco che dovrà avvenire contro la linea austriaca del Masaré, tra le Tofane. In piena notte, l'8 luglio, tra le rocce echeggiano le note di una fanfara[2] ed appena la musica finisce, le artiglierie aprono il fuoco. Alla testa del terzo plotone il tenente Venier si porta verso il canalone della Nemesis, mentre il sottotenente Borella con i suoi uomini si spinge sul lato sud. Gli austriaci oppongono una strenua resistenza ma la mattina, dopo un feroce corpo a corpo, i kaiserjäger si disperdono. Durante lo scontro Apollonio Da Pra viene ferito alla coscia destra da una scheggia di granata e per questo sarà successivamente autorizzato a fregiarsi del distintivo d'onore. Terminata l'azione viene ricoverato all'ospedale da campo allestito a Cortina presso l'Hotel Dolomiti ed il 10 luglio ha inizio la sua peregrinazione da un luogo di cura all'altro: prima all'ospedale di Pieve di Cadore, presso la caserma Pier Fortunato Calvi, dieci giorni più tardi all'ospedale e quindi al convalescenziario di Montebelluna. Il 10 settembre del 1916 rientra al deposito del battaglione Pieve di Cadore ed il 15 ottobre viene promosso caporale. La ferita alla gamba però non è completamente guarita ed Apollonio deve rinunciare al suo cappello alpino; il 17 aprile del 1917 viene comandato a Verona come ausiliario della legione Carabinieri Reali. La salute non lo favorisce ed il 15 novembre del 1918 è nuovamente ricoverato, in quanto affetto da malaria, presso l'ospedale militare allestito al Grand Hotel di Venezia dove, il 7 dicembre, lo attende una sorte ben peggiore: appoggiata a un cassettone dell'ospedale, finita lì chissà come, Da Pra scorge una bomba a mano abbandonata e gli viene la disgraziata idea di esaminarla da vicino. L'ordigno esplode ed Apollonio riporta ferite in varie parti del corpo: perde completamente la mano sinistra, le dita della destra e l'occhio sinistro. Dimesso dall'ospedale di Padova, dove gli viene, tra l'altro, amputata la gamba destra, ai primi di dicembre del 1919 è aggregato alla legione carabinieri di Treviso, ma quindici giorni più tardi viene di nuovo ricoverato presso il centro di recupero dell'Istituto Rizzoli di Bologna. Dopo un lungo periodo di riabilitazione, il 16 dicembre del 1920 è inviato in congedo assoluto con vitalizio privilegiato di guerra perché riconosciuto permanentemente inabile al servizio miliare per infermità proveniente da cause di servizio. Fa quindi ritorno in Cadore dove, finalmente, può sposare Adelia, la sua fidanzata di gioventù. Pur mantenendo stretti contatti con il paese natio, Apollonio si trasferisce quindi a Roma dove si interessa, per conto dei paesani che gliene fanno richiesta, di pratiche burocratiche di vario genere. In considerazione del suo precario stato di salute, passa i mesi più freddi in Liguria pur non trascurando, in autunno, di far ritorno al suo Cadore per esercitare la sua grande passione per la caccia. Da Pra Scola Apollonio muore, dopo sua moglie, il 5 agosto del 1954 a soli 61 anni e viene sepolto nella tomba di famiglia da lui stesso costruita a Lozzo di Cadore. Lascia alcune proprietà all'asilo infantile del suo paese che gli dedica un busto collocato nell'atrio dell'edificio.

NOTE

[1] Provvedimento ministeriale pagina 3369 dispensa n. 57 del Boll. Uff. 13.11.1925.
[2] La marcia alpina delle Tofane.