 Finetti Giovanni
 Finetti Giovanni
												 Sottotenente
 Sottotenente
												
												 5ª cp. / 1° Reggimento Genio
 
												5ª cp. / 1° Reggimento Genio
												
											
											 
											
												
Nato il 7 dicembre 1883 a Piacenza
												Morto il 26 maggio 1916 sul Col di Lana
										    
											
												
												
												
												
											
											Note biografiche (Archivio Franco Licini)
											
												Figlio di Luigi Finetti, capomastro edile, e di Alberta Iselli, Giovanni nasce a Piacenza il 7 
												dicembre del 1883. Orfano di padre in giovane età, nel 1900 si laurea a pieni voti alla Facoltà di 
												Legge di Torino, praticando poi l’avvocatura a Milano, impegnandosi nel contempo nell’Azione 
												Cattolica e nell’attività politica.
												Allo scoppio della guerra contro l’Austria si presenta come volontario, pur essendo esentato dal 
												servizio militare, venendo assegnato all’11ª Sezione Telefonica che raggiunge in zona Alto 
												Cordevole. Qui, oltre a mantenere efficienti le linee di comunicazione e provvedere 
												all’organizzazione delle postazioni d’ascolto, prende parte a vari combattimenti e ad azioni di 
												pattuglia sul Col di Lana. Il 2 febbraio del 1916 merita un Encomio solenne che gli viene concesso 
												dal Comandante della Brigata Torino, il Maggiore Generale 
												Giovanni Castagnola: “Per il continuo e speciale 
												interessamento al servizio e per le ripetute prove di ardimento date recandosi volontariamente da 
												solo o con pochi uomini in posizioni pericolose a scopo di ricognizione, riuscendo in una di tali 
												ricognizioni ad individuare il punto di passaggio di reparti nemici e permettendo all’artiglieria, 
												mediante le sue indicazioni, di batterlo efficacemente”.
												Qualche mese più tardi, il 26 maggio dello stesso anno, il sottotenente Giovanni Finetti muore 
												colpito da una granata mentre si sta avvicinando con i suoi uomini ad una posizione nemica. Gli 
												amici ufficiali ed i genieri del suo reparto lo accompagnano alla sepoltura nel cimitero di 
												Buchenstein e l’ingegner Riccardo Moscatelli, Capitano del 1° Reggimento Genio, il 14 giugno del 
												1916 scrive a sua madre la seguente lettera:
												«Pregiatissima Signora,
												Soltanto ora conosco l’indirizzo di Lei e mi affretto ad associarmi al fiero suo dolore per la 
												perdita del mio carissimo fratello d’armi, Giovanni. Venuto io pure volontario alla fronte, ebbi il 
												grande conforto di condividere con lui per lungo tempo, nella medesima Compagnia del Genio, gli 
												stessi disagi e pericoli. Potei così apprezzare tutta la purezza e nobiltà dei sentimenti 
												dell’ottimo suo figliolo; il suo coraggio ispirato veramente ad un alto amore di Patria, ed a una 
												fede sinceramente cristiana; la gentilezza squisita dell’anima sua nella dimostrazione dei suoi 
												famigliari affetti. Quante volte, fra quelle impervie montagne nelle gelide, insidiose postazioni 
												dove, purtroppo, trovò la morte il suo carissimo Giovanni, io sentii ripetere accanto al nome della 
												nostra diletta Italia, il nome di Lei, ottima Signora! E la voce dell’amico mio aveva allora 
												un’inflessione così gentile che toccava profondamente il cuore! Mentre Le scrivo mi si affollano 
												alla mente tanti cari, nobilissimi episodi, che caratterizzano quell’anima veramente superiore. 
												Ricordo fra gli altri questo. Eravamo nel dicembre scorso. Si doveva collocare uno zaino-mina in 
												una posizione avanzatissima dove erano solite transitare le pattuglie austriache; l’operazione non 
												poteva essere fatta che di notte, e con grandissimo rischio ... a questo servizio erano comandati 
												pochi uomini della nostra Compagnia. Giovanni, quindi, avrebbe potuto restarsene all’accampamento. 
												Quando fu il momento della partenza del piccolo drappello, egli volle a tutti i costi 
												accompagnarlo, col mio dolce rimprovero (allora io comandavo interinalmente la Compagnia) poiché si 
												era esposto ad un rischio non lieve, senza bisogno alcuno: “Che vuoi? Mi rispose: attendere qui il 
												ritorno di quei bravi ragazzi sarebbe stato troppo penoso per me ...” Ed erano bravi davvero i suoi 
												soldati! E come gli volevano bene! Oggi, al pari di me, lo cercano invano e non sanno darsi pace di 
												non rivederlo più fra noi! L’ultima volta che abbracciai il dilettissimo  amico mio, fu quando si 
												recò, in Aprile, a ispezionare una stazione telefonica a Cima Lana. Passò dal mio accampamento di 
												buonissima ora; io ero ancora coricato nel mio lettuccio; lì accanto, sopra un rozzo banchetto, 
												avevo una fotografia di lui, che avevo ricevuta e contemplata pochi minuti prima. Quando lo vidi 
												entrare nel mio ricovero, sorridendo di quel sorriso così pieno di bontà e di lealtà, non potei 
												trattenere la mia sorpresa per la strana coincidenza. Facemmo colazione insieme. Chi avrebbe mai 
												detto che sarebbe stato quello l’ultimo nostro convegno!! Comprendo, povera Signora, tutto lo 
												strazio che Lei avrà provato alla notizia del tragico avvenimento: ma penso che il ricordare come 
												ha vissuto il suo Giovanni, e come nobilmente ha chiusa la sua vita, debba essere per Lei – sua 
												madre – un grande conforto. Anche per questo ho voluto scriverle. Presto avrò occasione di recarmi 
												dove giacciono le spoglie del nostro grande, diletto Giovanni. Penserò e pregherò per lui. 
												Con ogni ossequio, mi creda suo devoto,
												Riccardo Moscatelli.
												Zona di guerra»
											
											
												
												
											
										
								
							
						
					
				
			
			
				
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 5ª cp. / 1° Reggimento Genio
 
												5ª cp. / 1° Reggimento Genio
												
											
											 
											
Nato il 7 dicembre 1883 a Piacenza
Morto il 26 maggio 1916 sul Col di Lana
Note biografiche (Archivio Franco Licini)
												Figlio di Luigi Finetti, capomastro edile, e di Alberta Iselli, Giovanni nasce a Piacenza il 7 
												dicembre del 1883. Orfano di padre in giovane età, nel 1900 si laurea a pieni voti alla Facoltà di 
												Legge di Torino, praticando poi l’avvocatura a Milano, impegnandosi nel contempo nell’Azione 
												Cattolica e nell’attività politica.
												Allo scoppio della guerra contro l’Austria si presenta come volontario, pur essendo esentato dal 
												servizio militare, venendo assegnato all’11ª Sezione Telefonica che raggiunge in zona Alto 
												Cordevole. Qui, oltre a mantenere efficienti le linee di comunicazione e provvedere 
												all’organizzazione delle postazioni d’ascolto, prende parte a vari combattimenti e ad azioni di 
												pattuglia sul Col di Lana. Il 2 febbraio del 1916 merita un Encomio solenne che gli viene concesso 
												dal Comandante della Brigata Torino, il Maggiore Generale 
												Giovanni Castagnola: “Per il continuo e speciale 
												interessamento al servizio e per le ripetute prove di ardimento date recandosi volontariamente da 
												solo o con pochi uomini in posizioni pericolose a scopo di ricognizione, riuscendo in una di tali 
												ricognizioni ad individuare il punto di passaggio di reparti nemici e permettendo all’artiglieria, 
												mediante le sue indicazioni, di batterlo efficacemente”.
												Qualche mese più tardi, il 26 maggio dello stesso anno, il sottotenente Giovanni Finetti muore 
												colpito da una granata mentre si sta avvicinando con i suoi uomini ad una posizione nemica. Gli 
												amici ufficiali ed i genieri del suo reparto lo accompagnano alla sepoltura nel cimitero di 
												Buchenstein e l’ingegner Riccardo Moscatelli, Capitano del 1° Reggimento Genio, il 14 giugno del 
												1916 scrive a sua madre la seguente lettera:
												«Pregiatissima Signora,
												Soltanto ora conosco l’indirizzo di Lei e mi affretto ad associarmi al fiero suo dolore per la 
												perdita del mio carissimo fratello d’armi, Giovanni. Venuto io pure volontario alla fronte, ebbi il 
												grande conforto di condividere con lui per lungo tempo, nella medesima Compagnia del Genio, gli 
												stessi disagi e pericoli. Potei così apprezzare tutta la purezza e nobiltà dei sentimenti 
												dell’ottimo suo figliolo; il suo coraggio ispirato veramente ad un alto amore di Patria, ed a una 
												fede sinceramente cristiana; la gentilezza squisita dell’anima sua nella dimostrazione dei suoi 
												famigliari affetti. Quante volte, fra quelle impervie montagne nelle gelide, insidiose postazioni 
												dove, purtroppo, trovò la morte il suo carissimo Giovanni, io sentii ripetere accanto al nome della 
												nostra diletta Italia, il nome di Lei, ottima Signora! E la voce dell’amico mio aveva allora 
												un’inflessione così gentile che toccava profondamente il cuore! Mentre Le scrivo mi si affollano 
												alla mente tanti cari, nobilissimi episodi, che caratterizzano quell’anima veramente superiore. 
												Ricordo fra gli altri questo. Eravamo nel dicembre scorso. Si doveva collocare uno zaino-mina in 
												una posizione avanzatissima dove erano solite transitare le pattuglie austriache; l’operazione non 
												poteva essere fatta che di notte, e con grandissimo rischio ... a questo servizio erano comandati 
												pochi uomini della nostra Compagnia. Giovanni, quindi, avrebbe potuto restarsene all’accampamento. 
												Quando fu il momento della partenza del piccolo drappello, egli volle a tutti i costi 
												accompagnarlo, col mio dolce rimprovero (allora io comandavo interinalmente la Compagnia) poiché si 
												era esposto ad un rischio non lieve, senza bisogno alcuno: “Che vuoi? Mi rispose: attendere qui il 
												ritorno di quei bravi ragazzi sarebbe stato troppo penoso per me ...” Ed erano bravi davvero i suoi 
												soldati! E come gli volevano bene! Oggi, al pari di me, lo cercano invano e non sanno darsi pace di 
												non rivederlo più fra noi! L’ultima volta che abbracciai il dilettissimo  amico mio, fu quando si 
												recò, in Aprile, a ispezionare una stazione telefonica a Cima Lana. Passò dal mio accampamento di 
												buonissima ora; io ero ancora coricato nel mio lettuccio; lì accanto, sopra un rozzo banchetto, 
												avevo una fotografia di lui, che avevo ricevuta e contemplata pochi minuti prima. Quando lo vidi 
												entrare nel mio ricovero, sorridendo di quel sorriso così pieno di bontà e di lealtà, non potei 
												trattenere la mia sorpresa per la strana coincidenza. Facemmo colazione insieme. Chi avrebbe mai 
												detto che sarebbe stato quello l’ultimo nostro convegno!! Comprendo, povera Signora, tutto lo 
												strazio che Lei avrà provato alla notizia del tragico avvenimento: ma penso che il ricordare come 
												ha vissuto il suo Giovanni, e come nobilmente ha chiusa la sua vita, debba essere per Lei – sua 
												madre – un grande conforto. Anche per questo ho voluto scriverle. Presto avrò occasione di recarmi 
												dove giacciono le spoglie del nostro grande, diletto Giovanni. Penserò e pregherò per lui. 
												Con ogni ossequio, mi creda suo devoto,
												Riccardo Moscatelli.
												Zona di guerra»